martedì 20 aprile 2010

IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

Con commercio equo e solidale o semplicemente commercio equo (fair trade in inglese) si intende quella forma di attività commerciale, nella quale l'obiettivo primario non è soltanto la massimizzazione del profitto, ma anche la lotta allo sfruttamento e alla povertà legate a cause economiche, politiche o sociali.
È, dunque, una forma di commercio internazionale nella quale si cerca far crescere aziende economicamente sane e di garantire ai produttori ed ai lavoratori dei paesi in via di sviluppo un trattamento economico e sociale equo e rispettoso; in questo senso si contrappone alle pratiche di commercio basate sullo sfruttamento che si ritiene spesso applicate dalle aziende multinazionali che agiscono esclusivamente in ottica della massimizzazione del profitto.
Il documento che costituisce una sorta di "manifesto" del commercio equo solidale italiano è la Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale

Il Commercio Equo e Solidale è un movimento che vanta oltre 40 anni di attività a sostegno di contadini e artigiani del Sud del mondo. Si tratta oggi di un' alternativa concreta e sostenibile alle iniquità del commercio internazionale, che nelle idee dei pionieri iniziò con piccole azioni di solidarietà per dimostrare la possibilità effettiva di una sintesi tra concretezza e idealismo. Lavorare nel Commercio Equo e Solidale, o sostenerlo come consumatori consapevoli o come volontari, significa credere che un mondo diverso è possibile nella misura in cui accettiamo le nostre piccole grandi responsabilità quotidiane di cittadini inevitabilmente inseriti nei meccanismi economici della società globale.
Alla base del Commercio Equo e Solidale (praticato soprattutto da associazioni e cooperative, con un'elevata presenza di volontariato nei paesi ricchi) c'è dunque la volontà di contrastare il commercio tradizionale che si basa su pratiche dannose quali:
  • i prezzi vengono stabiliti da soggetti forti (multinazionali, catene commerciali) indipendentemente dai costi di produzione che sono a carico di soggetti deboli (contadini, artigiani, emarginati);
  • l'incertezza di sbocchi commerciali dei prodotti impedisce a contadini e artigiani di programmare seriamente il proprio futuro;
  • il ritardo dei pagamenti, ovvero il fatto che gli acquirenti paghino la merce molti mesi dopo la consegna e spesso anni dopo che sono stati sostenuti i costi necessari alla produzione (infrastrutture, semenza, nuovi impianti arborei, materie prime), favorisce l'indebitamento di soggetti economicamente deboli e un circolo vizioso che porta spesso all'usura;
  • i produttori non conoscono i mercati nei quali vengono venduti i loro prodotti e dunque non riescono ad adeguarsi e tanto meno a prevedere mutamenti nei consumi;
  • al fine di ridurre i costi, vengono impiegate tecniche di produzione che nel medio-lungo periodo si rivelano particolarmente negative per il produttore e/o la sua comunità;
  • al fine di aumentare i quantitativi prodotti, si fa ricorso al lavoro di fasce della popolazione che nei paesi ricchi viene particolarmente tutelata (bambini, donne incinte, ...) e si rinuncia alla formazione dei giovani;
  • persone con scarsa produttività (rispetto alla concorrenza) non hanno di fatto possibilità di sopravvivere sul mercato;



        Il commercio equo solidale in Europa è ormai una realtà affermata, con un giro d’affari stimato pari a circa 260 milioni di euro in 18 paesi, ad opera di una miriade di organizzazioni aventi storia e dimensioni tra le più diverse.
        Il comparto “food” ha grande importanza e sta percorrendo la via della collaborazione con la grande distribuzione, veicolo primario per giungere a grandi masse di consumatori.
        Un tale tipo di commercio ha richiesto procedure di controllo e di certificazione sfociate in veri e propri marchi di qualità. 
        In Italia è presente il marchio “Transfair” che si ritrova su svariati prodotti alimentari del mercato italiano, sia nel canale specializzato che in quello più convenzionale degli ipermercati e supermercati. Tale marchio garantisce che il prodotto proviene da aziende che rispettano i diritti sindacali dei lavoratori, la partecipazione ai profitti di tutti i soggetti implicati, la non discriminazione, l’organizzazione democratica, l’ambiente. 
        Ai produttori sono assicurati prezzi “equi”, che coprono i costi di produzione reali; il prefinanziamento dei raccolti (fino al 60% a volte) e contratti a lungo termine, che permettono ai produttori di pianificare interventi ed investimenti; risorse supplementari che i produttori utilizzano per miglioramenti di tipo sociale (sanitario, ambientale, educativo, infrastrutturale) delle popolazioni legate alle aziende produttrici.


        Visualizzazione ingrandita della mappa

        In questa cartina è segnata la seda della  FAIRTRADE ideatrice lel marchio transfair

        La gamma dei prodotti certificati Fairtrade è disponbile in più di 5.000 punti vendita tra cui molte insegne della grande distribuzione organizzata "GDO(punti vendita)", i negozi di biologico specializzato, le Botteghe del Mondo, che svolgono un ruolo fondamentale di informazione, sensibilizzazione e divulgazione delle attività del commercio equo. "BDM(le Botteghe Del Mondo)".

        Nessun commento:

        Posta un commento